Leather Club Roma a Lisbon Meets Fetish 2025

Ci sono momenti che segnano il passo del nostro cammino collettivo, occasioni in cui la comunità fetish europea si ritrova non solo per celebrare, ma anche per riflettere insieme su chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare. Il Lisbon Meets Fetish 2025, svoltosi lo scorso 27 settembre e ospitato dal Gear Club Portugal, è stato uno di questi momenti preziosi: un weekend che ha unito festa, amicizia, orgoglio e una rinnovata consapevolezza del valore di appartenere a una comunità.

Per Leather Club Roma, partecipare a Lisbona è stato molto più che essere presenti a un evento internazionale: è stato un atto di fratellanza, di riconoscimento reciproco e di costruzione di legami. Proprio in questa cornice, durante il gala dinner, abbiamo ascoltato il discorso del presidente del Gear Club Portugal, Pedro Costa, che ci ha colpito per lucidità, profondità e capacità di esprimere bisogni e valori che sentiamo anche nostri. È per questo che abbiamo deciso di condividere alcuni passaggi: perché le sue parole non appartengono solo al pubblico presente in sala, ma a tutti noi che costruiamo, giorno dopo giorno, la vita della comunità fetish in Europa.

Pedro ha ricordato come, anche in assenza di grandi risorse, i club trovino la loro vera forza nei propri soci:

“Non abbiamo locali fetichisti a Lisbona, né negozi, né sponsor. Ma abbiamo i nostri soci: una famiglia che cerca di restare unita nella miriade di differenze che caratterizzano ciascuno di noi. Non è un caso che il nostro motto sia Diversità e inclusione.”

Ha lanciato una riflessione coraggiosa su temi spesso trascurati: la solitudine dei più anziani, le fragilità legate alla salute mentale, l’abuso di sostanze, il rischio di conflitti sterili che logorano le energie della comunità:

“Noi, che siamo già un ghetto dentro un altro ghetto, ci stiamo davvero prendendo cura di noi stessi? (…) Il potere deve servire a costruire, non a distruggere. Deve servire a erigere ponti, non ad abbatterli. A dialogare, non a tacere.”

Ampio spazio è stato dato anche alle nuove generazioni, alla necessità di costruire un dialogo intergenerazionale che garantisca futuro ai nostri club:

“Che ne sarà dei nostri club tra dieci anni? Poco importa chi sia presidente, segretario o Mister, se non vi è più una comunità da rappresentare. (…) Prendiamo questo come un invito: pensare insieme, con gentilezza, al futuro che potremo condividere.”

Infine, un passaggio che ha riguardato direttamente Leather Club Roma e il progetto che ci vede tra i protagonisti:

“Cari fratelli di Roma, quando lo scorso anno scambiammo le nostre bandiere (…) nessuno avrebbe potuto immaginare che potesse nascere un’idea tanto singolare quanto feconda: la Southern European League. (…) Che l’atto fondativo della SEL non sia mera formalità, ma preludio di un paradigma rinnovato: più vario e più inclusivo.”

Lisbona è stata anche l’occasione per celebrare i percorsi e i meriti di chi si impegna nella comunità: sono stati conferiti gli Awards al socio del Gear Club Portugal Manel, al nostro amico Chuso, e un riconoscimento all’ECMC, la grande rete europea che continua a rappresentare un punto di riferimento fondamentale per tutti noi.

Pedro ha chiuso il suo intervento con parole che meritano di essere ricordate e fatte nostre:

“Questo è il vero significato di comunità: sentirsi a casa, non nella solitudine, ma gli uni negli altri.”

Parole che esprimono perfettamente il valore di questi momenti di condivisione: sentirci parte di un progetto comune, dove l’orgoglio fetish diventa legame, sostegno reciproco e visione di futuro.

Per chi volesse leggere l’intervento nella sua interezza, il testo integrale del discorso di Pedro Costa è disponibile qui di seguito:

 

Cari amici,

Otto anni fa, alla prima edizione di Lisbon Meet Fetish, conclusi il mio discorso di benvenuto dicendo: «Il nostro club è ancora un bambino, e ci resta molta strada da percorrere. Non so ancora come supereremo questa sfida, ma so con certezza che troveremo il modo».

Sono lieto di poter dire che il Gear Club Portugal, dopo undici anni di esistenza, ha effettivamente trovato il suo cammino. Non abbiamo locali fetichisti a Lisbona, né negozi di abbigliamento, né tantomeno una rete di sponsor che ci consenta lo sfarzo che spesso si incontra all’estero. Ma abbiamo i nostri soci: una famiglia che cerca di restare unita nella miriade di differenze che caratterizzano ciascuno di noi. Non è un caso che il nostro motto sia Diversità e inclusione.

Naturalmente, nel corso degli anni abbiamo affrontato disaccordi, allontanamenti e momenti di distanza, ma sempre percorrendo la stessa strada, fianco a fianco. Contrariamente a ciò che alcuni dicono (o pensano), questo non è il mio cammino: è il vostro. E spero sappiate che andremo là dove riterrete opportuno dirigersi.

È giunto ora il momento di un applauso per i nostri magnifici volontari, che hanno fatto di tutto per garantire il successo di questa edizione di Lisbon Meets Fetish: Carlos, Jens, Miguel, Nuno Rodrigues, Nuno Tamaki, Paulo Sctosman, Paulo Raínho, Pedro, Ricardo Pinto, Ricardo Milagaia. GRAZIE!

Undici anni portano con sé nuove responsabilità, e dobbiamo dunque chiederci: a cosa servono davvero club come il nostro?

Molti di noi, giovani in un Paese che ancora si riprendeva da quasi cinquant’anni di dittatura, furono educati a credere in un progresso economico e sociale permanente, nella necessità di rispettare le differenze come pietra angolare della democrazia, e nella fiducia che tutto ciò sarebbe stato il carburante capace di farci salire sul treno dell’Europa, come si diceva allora. Erano i giorni della fiducia sconfinata.

Ma oggi, guardandoci intorno, non è sempre facile sentirsi fiduciosi riguardo al futuro. Eppure, continuo a domandarmi: a cosa servono, in verità, club come il nostro?

Stiamo forse prestando la dovuta attenzione ai più anziani, spesso soli e incapaci di affrontare il fatto di non essere più le “copertine di rivista” dei good old days? Cosa stiamo facendo per almeno alleviare le problematiche legate alla salute mentale? E che dire dell’uso e abuso di droghe (lo affermo con preoccupazione, non come accusa, I’ve been there!)? Qual è il ruolo delle nostre associazioni in un momento tanto inquietante della nostra società, in cui molti sostengono discorsi e posizioni politiche profondamente nefaste, che attentano alla dignità umana più elementare, e che tuttavia riescono a suscitare consenso persino all’interno della comunità gay fetish? Noi, che siamo già un ghetto dentro un altro ghetto, ossia la comunità LGBT, ci stiamo davvero prendendo cura di noi stessi?

Mi duole dirlo, ma non è così. Consumiamo le energie necessarie per edificare il futuro in litigi infiniti che si ripetono un po’ ovunque in Europa, senza alcun senso. Il potere deve servire a costruire, non a distruggere, in una politica autofagica. Deve servire a erigere ponti, non ad abbatterli. A dialogare, non a tacere.

E per quanto riguarda le nuove generazioni, a cosa servono, in verità, club come il nostro? Non possiamo dare ai giovani un lavoro stabile e ben retribuito; non possiamo offrire loro case a prezzi accessibili; non possiamo sempre garantire quella serenità mentale che cercano—perché spesso siamo ciò che loro vorrebbero essere, ma senza avere la possibilità di diventarlo.

In fin dei conti, non sempre comprendiamo i valori che loro abbracciano, così come loro non comprendono appieno i nostri. Che ne sarà dei nostri club tra dieci anni? L’ho detto in passato e lo ripeto: la comunità internazionale fetichista deve riflettere seriamente su questa domanda. Poco importa chi sia presidente, segretario o Mister, se non vi è più una comunità da rappresentare.

Sono convinto che il nostro rapporto con il tempo—passato, presente e futuro—sia la causa naturale di questo distacco generazionale. Per alcuni di noi, lo “ieri” respira ancora nell’ombra della caduta di Bisanzio; per altri non è che il ricordo fugace di un post su TikTok visto cinque minuti fa. Questa dissonanza temporale plasma non solo il nostro modo di percepire il mondo, ma anche il modo in cui ci riconosciamo al suo interno.

Le nuove generazioni portano con sé prospettive inedite, e spesso il desiderio di rimodellare la cultura fetichista stessa. Non credo che la risposta sia chiuderci in noi stessi, né spalancare le porte senza misura, come alcuni suggeriscono. Ma avverto in più d’uno l’atteggiamento del “Après moi, le déluge”. Prendiamo invece questo come un invito: pensare insieme, con gentilezza, al futuro che potremo condividere.

Fratelli di Spagna, come disse il vostro eterno poeta: «Dad crédito a las obras y no a las palabras». Guardando alla Spagna e ai vostri club, troviamo un’opera che trascende le parole: una comunità fetichista dinamica che, nella sua molteplice diversità e nell’ampiezza territoriale che abbraccia, si erge a riferimento internazionale, indipendentemente dai poli che la animano. Davanti a noi, club iberici, si stagliano sfide comuni che richiedono unità e fermezza al timone. Ancora una volta, il Gear Club

Portugal rinnova il suo impegno a costruire consenso e concordia, perché possiamo fare ciò che Cervantes ci insegna: «Confía en el tiempo, que suele dar dulces salidas a muchas amargas dificultades».

Cari fratelli di Roma, quando lo scorso anno scambiammo le nostre bandiere in un gesto di fraterna unione, nessuno di noi avrebbe potuto immaginare che, in così breve volgere di mesi, potesse nascere un’idea tanto singolare quanto feconda: la Southern European League. Confesso con emozione il mio stupore nel vedere accolta persino la denominazione che, quasi per gioco, avevo osato proporre in una delle prime corrispondenze. Si tratta di una sfida immensa, che merita tutto il nostro impegno. Ma dovrà essere, al contempo, uno spazio trasversale, aperto al mondo che ci circonda. Diceva il nostro Camões: «Dar nuovi Mondi al Mondo». Che l’atto fondativo della SEL, che andremo a sottoscrivere in dicembre, non sia mera formalità, ma preludio di un paradigma rinnovato: più vario e più inclusivo.

Cari David, Chuso, Pedro e Rafaelle, grazie per la vostra presenza, che è per noi un grande onore. Grazie anche per il vostro impegno nelle vostre comunità durante tutto il 2025. A David, Mr. Leather Europe, desideriamo rinnovare la nostra amicizia e dirti che sarai sempre accolto a braccia aperte (anche se non posso garantire che la birra resti a 1,50 €). A Chuso, Pedro e Rafaelle, i migliori auguri di buona fortuna per l’elezione di Mr. Leather Europe 2026, in ottobre, ad Amsterdam.

Un’ultima parola per Victor Pinto, presidente del MAP – Club motociclistico alternativo portoghese. Grazie per aver sostenuto l’inizio di una dinamica tra i nostri due club. Pur avendo missioni e cammini diversi, resta la convinzione della pertinenza di una collaborazione stretta, in uno spirito di dialogo. Che questa alleanza possa crescere in forza e in significato, aprendo la strada a nuove sfide e opportunità, sempre in una dinamica positiva e generosa, di mutuo sostegno e impegno comune.

Concluderò con un proverbio aborigeno che rimane attuale: «Siamo tutti visitatori in questa vita, in questo luogo. Di passaggio soltanto. Il nostro scopo è osservare, imparare, crescere, amare. E poi, fare ritorno a casa».

Prego che ciascuno di voi abbia trovato, nell’Lisbon Meets Fetish e nel Gear Club Portugal, quel senso di conforto, sicurezza e appartenenza. Per alcuni di noi, è qui che riposa il cuore, una pace profonda che si stabilizza e rimane. È qui che le nostre storie vengono ascoltate, la nostra verità apprezzata e la nostra essenza riconosciuta. Questo è il vero significato di comunità: sentirsi a casa, non nella solitudine, ma gli uni negli altri

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Gius, Responsabile Comunicazione per LCR. Per info e rettifiche, nonché per contributi e suggerimenti: giuseppe@lcroma.com